Emozioni e ragione

Si ha l’impressione che se la neve e il gelo di questo primo scorcio di gennaio si protraessero non per qualche giorno soltanto ma per una o due settimane, come fu nel gennaio-febbraio del 2012, sai i fuori di testa; quantomeno, sai i pesanti giramenti di scatole.

È che ci siamo fatti un’idea tutto sommato benigna della natura, soprattutto alle nostre latitudini temperate. Dimenticando che invece può anche accanirsi senza pietà e, in tanti casi, senza preavviso: vedi le periodiche ondate di maltempo; vedi soprattutto i terremoti.

Per usare una frase dall’ultima (co)traduzione pubblicata (Charles J. Shields, L’uomo che scrisse il romanzo perfetto. Ritratto di John Williams, autore di Stoner, Fazi Editore, 2016), probabilmente sarebbe meglio vedere «la natura come una presenza indifferente, che non si oppone alle speranze degli uomini ma nemmeno le favorisce», e agire di conseguenza.

E sempre attingendo alla stessa traduzione, in generale forse varrebbe la pena far propria la filosofia espressa dal critico e poeta americano Yvor Winters nel suo saggio del 1947 In Defense of Reason. Dove, tra le altre cose, metteva in guardia dall’abbracciare una visione romantica tanto della natura quanto dell’uomo e della stessa letteratura, affidandosi prevalentemente alle proprie emozioni, ai propri impulsi.

La teoria romantica parte dall’assunto che la letteratura sia principalmente o addirittura esclusivamente un’esperienza emotiva, che l’uomo sia per natura buono, che gli impulsi dell’uomo siano degni di fiducia, che la facoltà razionale è inaffidabile, al punto da essere pericolosa o persino cattiva. La teoria romantica della natura umana sostiene che se l’uomo si fida dei propri impulsi vivrà una vita felice. Quando questa nozione si combina, come spesso succede, con una filosofia o religione panteistica, comunemente insegna che cedendo all’impulso l’uomo non solo vivrà una vita felice ma anche una sorta di unione mistica con la Divinità: questa, per esempio, è la dottrina di Emerson. La letteratura diventa così una forma di quella che è popolarmente nota come la libera espressione della propria personalità.

Nel 2016 le emozioni hanno ampiamente avuto libero gioco, pare di capire; nel 2017 sarebbe di più il caso di rimettere al primo posto la ragione.