Vecchio e nuovo

Ci sono fasi, anche storiche, in cui il vecchio e il nuovo riescono a convivere in modo più o meno pacifico e, persino, reciprocamente proficuo: c’è un effetto trascinamento, tale per cui la novità prende sì piede ma non cancella del tutto il vecchio, bensì se lo porta dietro, ci interagisce, se ne avvale; mentre il vecchio, sotto la spinta e sull’esempio del nuovo, si rinnova in parte a sua volta, aprendosi così a un prolungamento di vita, se non a una nuova vita tout court.

Intervengono poi momenti in cui tra vecchio e nuovo non c’è più scambio, non c’è più dialogo: il nuovo va dritto per la sua strada, il vecchio viene lasciato quasi totalmente a se stesso, senza più cure adeguate, senza una vera manutenzione.

E per un po’ sembra andare ancora tutto bene; ma poi, per le sollecitazioni più varie, succede che il vecchio crolli di colpo, definitivamente.

Il nuovo non se ne preoccupa più di tanto, se non è interessato anche marginalmente dal crollo del vecchio, tanto lui è nuovo, che cosa ha da temere? – senza sapere, però, che nel frattempo anche lui è diventato o sta diventando vecchio, e c’è già un nuovo più nuovo che si fa largo, e con il quale per un po’ potrà anche convivere bene, sempre per un effetto trascinamento.

Ma presto o tardi che sia, anche il nuovo non più nuovo sarà lasciato indietro dal nuovo più nuovo; o, in mancanza di un nuovo più nuovo, nel frattempo sarà tutto irrimediabilmente vecchio e lasciato a se stesso, dunque, presto o tardi, destinato in ogni caso a crollare.