Seduto alla finestra

Seduto alla finestraNovembre 1989, venticinque anni fa dunque. Del giorno preciso non c’è il ricordo: forse poco prima di San Martino, il 5, il 6 o il 7, ma può anche darsi più in là. In ogni caso non ha troppa importanza. Più importante il luogo: Bologna, appartamento di fuorisede in via Polese, tra Piazza dei Martiri e via Riva di Reno, cameretta a un letto (in certi periodi anche due, poveri noi) in scarsi 3×3 metri, pareti sottili e più che muffite, ma il lusso di un bagno indipendente e soprattutto la vista su un pacifico (tranne di notte, a fine settimana, per i rumori e gli schiamazzi di una adiacente osteria) cortiletto interno. Piccola scrivania attaccata a finestra e radiatore, con appunti e fotocopie e libri sparsi di fisica, matematica e anche qualche romanzo. Pomeriggio inoltrato, forse di ritorno dalle lezioni del giorno o forse no, un momento di stanca in una giornata di studio e letture, manca poco per sera e quindi per cena, forse alla mensa Poeti, in via Barberia, con qualcuno degli altri fuorisede di appartamento e palazzo, più facilmente in perfetta solitudine. A un tratto lo sguardo si perde a osservare di fuori, fra le persiane accostate, un cielo rossiccio. Scaturiscono dei versi, senza volerlo. Non i primissimi, non i migliori. Di certo, tra i più amati o i meglio ricordati.

Cala la sera, un fosco velo si stende,
nasconde alla vista disegni di nubi nel cielo.
Seduto alla finestra, fuggenti sensazioni si confondono,
vaghi pensieri, compagnevoli immagini.
Mollemente il tempo scorre via,
incerto sul da farsi, apatico.