Un mondo “ex”?
Un mondo di ex / la bocca piena di up /
la testa al prossimo post / mentre la realtà è sempre più down.
E se fosse “ex”, dopo l’ubriacatura di post-qualcosa, il prefisso giusto per rappresentare la nuova epoca che da qualche anno viviamo nel mondo occidentale? Più leggo e guardo in giro e più ho l’impressione di sì. Io stesso, ogni giorno che passa, mi sento di più un ex-qualcosa che un post-qualcos’altro.
Probabilmente aveva ragione Predrag Matvejević quando nel febbraio 2009 pubblicava sul «Corriere della Sera» un articolo intitolato Siamo tutti ex, sostenendo che oggi lo statuto di “ex” non riguarda più solo l’Est europeo ma anche l’Occidente. Il vero post-postmoderno, quindi, sarà un “ex-moderno”?
E che riflessi avrà questo essere o sentirsi “ex”? Come dice Matvejević, sulla base delle esperienze vissute nell’ex Europa dell’Est:
Essere “ex” significa, da una parte, avere uno statuto mal determinato e, dall’altra, provare un sentimento di disagio. Tutto ciò concerne tanto gli individui che la collettività, tanto la loro identità quanto le modalità della loro esistenza: una specie di ex istanza, a un tempo retroattiva e attuale. Il fenomeno è nello stesso tempo politico (o geopolitico se si preferisce), sociale, spaziale, psicologico. Pone più di una questione morale e mette in causa una morale precedente. Non si nasce “ex”, lo si diventa.