Sulle “strade dell’amore”

Cicloturista della domenica molto arrugginito (più di dieci mesi che non saliva in sella alla sua rossa bici da corsa) il mattino del solstizio d’estate non riesce a trattenersi dal tornare a pedalare. Malgrado la consistente stanchezza fisica accumulata nei giorni e nelle settimane precedenti, prende così la via del mare, una trentina di chilometri da casa: perché sarà pure arrugginito, ma tre ore in sella sono il minimo indispensabile per un patito della fatica e della sofferenza in solitaria come lui. Non è completamente folle, però: sceglie infatti il percorso più agevole, senza su e giù per le colline fino al mare.

Dunque, da Sant’Egidio alla Vibrata subito discesa verso la strada provinciale Bonifica del Tronto, nel fine settimana (ma anche un po’ gli altri giorni) paradiso dei ciclisti senza troppe pretese (e anche di quelli che invece di pretese ne hanno, ma suppergiù solo nelle prove con i lunghi rapporti e le protesi al manubrio – leggasi triatleti). Presto raggiunta la suddetta provinciale (nota in loco – e non solo – anche come “strada dell’amore”, per la imperterrita presenza ai suoi margini di una nutrita e variegata pattuglia di operatrici e operatori del sesso a pagamento, anche nelle ore diurne, nonostante un’altrettanto folta presenza di cartelli con ordinanze comunali di divieto assoluto di contrattazioni sessuali), è una pedalata tranquilla, senza smanie atletiche nelle gambe, consapevole che, per quanto agevole, il ritorno (lungo la strada provinciale della Val Vibrata, un lungo falsopiano quasi fin sotto ai Monti Gemelli) non sarà una passeggiata, visto l’allenamento a zero. Anche la testa è svagata, senza pensieri, nonostante la colorita fauna umana lungo il percorso si presterebbe a suscitarne.

Tutto a un tratto una scena di quelle memorabili: poco più avanti a lui un ciclista non di quelli atletici (forse sui 50-60) fermo al bordo della strada risale improvvisamente in bici e inverte la marcia, quindi, dopo poche pedalate scende di nuovo di sella e piega alla sua destra, infilandosi con la massima disinvoltura, bici in mano, in un sentiero tra i rovi che a quell’altezza costeggiano la riva del Tronto. Poi, poco dietro di lui, ecco seguirlo a piedi una ragazzetta nera, come di sotto solo un paio di mutande, e uno sguardo tra il perso e il perplesso.

Nel cicloturista della domenica molto arrugginito profonda tristezza, allora, nel vedere quegli occhioni strabuzzati. Ilarità, invece, al pensiero di come il ciclista tripputello da lì a poco si trascinerà fino a casa, al cospetto di una moglie, una compagna e/o dei figli presumibilmente del tutto ignari delle scappatelle in bici del suddetto, con la semplice scusa del fare un po’ di attività fisica per tenersi in forma: sì, sì, davvero una bella attività fisica quella che si è scelta!

PS La prossima volta che vedete un ciclista pedalare lungo una delle tante “strade dell’amore” che resistono in Italia, e lo trovate parecchio spompato, siate dunque avvertiti su quale potrebbe essere la vera origine del suo respiro affannoso. Lo stesso interrogativo si pongano mogli, compagne o fidanzate nel veder rientrare a casa il loro amato piegato in due dalla fatica dopo un giro, anche breve, in bici.