Scendendo dal Brennero
Pochi giorni fuori dai confini nazionali e, al rientro, subito ci si chiede cosa ci piaccia di meno: l’Italia in sé, come paese, come cura degli spazi e del territorio e come organizzazione della vita, o gli italiani in Italia, come modi di fare, apparire, dire e anche pensare? Perché, se l’italiano all’estero è sostanzialmente una persona ammodo, controllata, anche abbastanza intimidita, vista la scarsa padronanza delle lingue, l’italiano sul suolo natio è presto di nuovo strabordante, esibizionista, caciarone, approssimativo, eccessivo. Scendendo in treno dal Brennero, magari fino a Verona ancora si contiene (sarà la vista dai finestrini di tutti quei curatissimi e ordinatissimi meleti e vigneti di Alto Adige e Trentino?); oltre, è un crescendo di cattive abitudini, il rientro graduale ma inesorabile nella nostra inestirpabile mediocrità e buzzurria, dove il bisogno di apparire ed esibire ha la meglio sulla necessità di comportarsi e fare per bene.