Un post al giorno… toglie lo smartphone di torno
Facevamo i salti mortali, fino a qualche anno fa, per contenere i post a non più di uno al giorno e, magari, non più di venti al mese, rosi dai sensi di colpa per il tempo che perdevamo ad aggiornare i nostri blog e leggere quelli altrui. Come ancora prima ci fustigavamo perché non riuscivamo a disciplinarci di fronte alla marea di email che ogni giorno affluivano nelle nostre caselle di posta dalle molteplici mailing list professionali a cui eravamo iscritti, e ore intere se ne andavano a leggere tutti i messaggi e, immancabilmente, scriverne di nuovi, animando non poche volte discussioni e anche polemiche di non poco conto.
Viene da ridere oggi. Oggi che, non seguiremo più questa e quella lista di discussione, non cureremo né leggeremo più questo e quel blog, non saremo (più) su Facebook e non faremo un grande uso nemmeno di LinkedIn, Tumblr, Pinterest, Flickr e siti simili, come non staremo (più) a controllare di continuo i maggiori siti d’informazione nazionali e internazionali, ma solo a mettere mano allo smartphone ogni mezz’ora (un minuto di più e già entriamo in astinenza) e controllare il flusso di Twitter e, immancabilmente, contribuirvi, il livello di concentrazione e la capacità di esprimere pensieri lunghi e ragionati sono molto più ridotti di quanto potevano esserlo ai tempi di cui sopra.
Viene da ridere, sì. Ma un po’ viene anche da piangere.
Perché con l’utilizzo di internet, in particolare con l’accesso via via alle sue incessanti novità, sembra che sia un continuo cadere dalla padella alla brace, senza mai arrivare a un punto in cui ci possiamo dire pienamente soddisfatti dello status quo, di come passiamo il nostro tempo online, di come siamo sollecitati a fare uso della rete e dei più moderni dispositivi elettronici.
È un processo di adattamento senza fine, di passi avanti e passi indietro, di sbilanciamenti ora in un senso ora in un altro, sull’onda degli strumenti e anche delle mode del momento.
E se è vero che la vita senza internet e i gadget a essa collegati non era di certo migliore di quella odierna, è innegabile che coglieva nel segno quel libro di Geert Lovink del 2006 dal titolo emblematico Internet non è il paradiso.
Ciò che fa sì che, per un utilizzo avveduto e critico, al riparo da eccessi e distorsioni, dipendenze e impazzimenti individuali e collettivi, bisogni non di rado remare controcorrente, sottraendoci per quanto possibile al suo flusso imperioso, fermandoci per tempi più o meno lunghi in qualche porto sicuro, remoto, poco frequentato.
Ecco allora che, nell’epoca dei social e delle comunicazioni istantanee, lapidarie, per immagini, brevi frasi e link, tornare a usare un po’ di più i blog e persino le mailing list forse non è malaccio.
Tutto, pur di ridurre il ricorso smodato allo smartphone. Tutto, pur di contrastare l’abbassamento della capacità di attenzione. Tutto, pur di crescere con internet e non istupidirci.