Fruitori, produttori, curatori e distributori di contenuti, ovvero filtri
[Ripescando e integrando un post dell’ottobre 2012, con una citazione del 1998, più che attuale.]
[…] Rendere possibili le comunicazioni è stato il fine principale di Internet sin dai suoi inizi. A partire dai ricercatori che volevano trasmettere e discutere i risultati dei loro progetti, la potenzialità di comunicazione attraverso le reti informatiche fu immediatamente riconosciuta dal pubblico quando furono introdotti sul mercato i primi browser. Da quel momento Internet è balzato alla ribalta per le comunicazioni che ricorrono all’uso di testi, modelli, suoni, video e, com’era prevedibile, Internet sta cominciando a cambiare il modo stesso di scambiare informazioni. […]
La differenza principale fra Internet e i media convenzionali come televisione, radio e giornali è che non ci saranno più solo poche organizzazioni in grado di fornire informazioni. Tutti coloro che possono accedere a Internet sono invece potenziali fornitori di contenuti. Questo può condurre a una situazione in cui il numero di fruitori di informazioni sarà praticamente uguale a quello dei produttori di informazioni. Perciò Internet è il primo medium tecnologico che rende veramente possibile la comunicazione invece di trasmettere osservazioni e opinioni filtrate da pochi fornitori di informazioni a milioni di ascoltatori o spettatori. Dovranno però passare alcuni anni* prima che questa differenza sia riconosciuta e apprezzata. Questo è il vantaggio che Internet ha su tutti gli altri mezzi di comunicazione esistenti. […]
Gerhard Schmitt, Information Architecture. Basi e futuro del Caad, traduzione di Simonetta Franceschetti, Testo & Immagine, Torino 1998, pp. 70-71.
* Da questa profezia di Schmitt (di cui, tra l’altro, nel 1998 tradussi l’articolo Smaterializzazione e shared authorship in architettura per il numero 15 del trimestrale «Telèma»), di anni ne sono passati quasi venti, e oggi tutto si può dire meno che non ci abbia preso. Le sue previsioni, anzi, sono state per tanti versi superate. Perché oggi ciascun fruitore di internet è, a sua volta, non solo produttore di informazioni ma filtro (specie per i link proposti), curatore e distributore dei contenuti prodotti da altri.
Per dirla con una frase di David Weinberger (di cui nel 2012 ho avuto l’onore di tradurre il libro, Too Big to Know: Rethinking Knowledge Now That the Facts Aren’t the Facts, Experts Are Everywhere, and the Smartest Person in the Room Is the Room, uscito in Italia da Codice Edizioni con il titolo La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete:
Ogni blogger è un’emittente, ogni lettore è un redattore.
Questa condizione ci assegna, di fatto, un’enorme responsabilità ogni volta che operiamo in rete, a prescindere che sia in maniera attiva o passiva. Perché, in ultima analisi, ogni nostra azione online contribuisce alla definizione di una gerarchia dei contenuti, se è vero che le pagine con le maggiori visualizzazioni, quelle con più like o a cui rimandano più tweet, status e link, finiscono solitamente per essere anche le prime che compaiono nei risultati dei motori di ricerca, sulle bacheche dei social o nei consigli per gli acquisti. Col risultato che non sempre la priorità viene data al meglio in termini di accuratezza, affidabilità, utilità e – perché no? – bello. E questo ci dovrebbe far riflettere, come minimo, se teniamo a internet come strumento di arricchimento e progresso individuale e collettivo, e non veicolo di propaganda, mero canale di intrattenimento o comoda piattaforma per questo e quel commercio.