Una generazione al massimo
L’ennesimo funerale.
Nel paese di residenza – ma un po’ ovunque, in Italia, pare di capire – sono già diversi anni che la fascia d’età 70-80-90 perde componenti a ritmi accelerati (fenomeno peraltro accentuato anche tra le fasce più giovani, comprese le giovanissime, purtroppo). Per un lungo periodo questa generazione è stata l’incarnazione stessa dell’aumento della durata della vita media, con uno scarto – a spanne – di dieci anni e più rispetto a quella dei genitori (tra le cui fila, però, c’erano anche campioni eccezionali di longevità, per tanti aspetti difficilmente eguagliabili).
È una generazione che è arrivata sostanzialmente bene alla vecchiaia. Ha sofferto e faticato moltissimo in gioventù e anche più avanti, ma ha altresì raccolto parecchio. E il mondo che lascia è, pur con tutti i suoi difetti, senz’altro migliore di quello che aveva trovato (non ultimo in termini di durata della vita media, appunto), segno dunque di un contributo più che positivo al suo sviluppo.
Per le generazioni successive sarà allora un metro di paragone importante – per quanto scomodo, probabilmente: replicarne e magari migliorarne i risultati medi è tutto meno che scontato. Alla luce del presente, sembra molto più facile un arretramento – per evitare il quale occorrerà forse ritrovare almeno parte dello spirito originario di questa generazione che ora pian piano si congeda, dopo aver fatto, raggiunto e soprattutto dato il massimo che era nelle sue possibilità.
Bisogna ammetterlo.