Interludio #10
Voleva andare in giro lei, la Luna, voleva scorrazzare libera su un prato, e non stare tutto il giorno a tirare una catena sullo spazio dell’aia, drizzando le orecchie al minimo rumore sospetto e abbaiando a più non posso a ogni movimento che non incontrasse il suo favore.
E in giro voleva andare pure lei, l’autodefinita “scrivana” renitente alle catene di un ufficio e un lavoro poco gratificanti oltre le ore e i minuti comandati, restia anche alle lunghe ore in casa nei giorni che non doveva fare su e giù in auto per un’ora tra la città di mare e il paesotto sulla collina panoramica, bisognosa com’era di inalare aria salmastra e inondarsi di luce e appena possibile immergersi in acqua per poi godersi un gelato, una granita, una pizzetta o un qualsiasi altro prodotto da mangiare che però fosse davvero ben fatto e curato, altrimenti no, meglio le ghiottonerie che in poco tempo e con poca spesa cucinava alla grande da sé.
E lui in compagnia ora dell’una ora dell’altra, a cercare di accontentare ora l’una ora l’altra, a deliziarsi ora dell’una ora dell’altra, quando non ne poteva più di stare tutto il giorno rinchiuso a tradurre o leggere e scribacchiare e oziare in uno studio dalle luci soffuse o di correre qua e là a sistemare qualcosa, alle volte alle prese con una luna storta e altre ancora affranto che quasi più nulla girasse per il verso giusto.
E adesso che era estate, che lotta che sarebbe stata, tra lune buone e lune storte, bisogno di girare e di compagnia e bisogno di non lasciare che tutto scorresse via come se nulla fosse.