Interludio #11

Quell’inizio d’estate lo vide leggere, più di ogni altra cosa, più – e probabilmente meglio – di quanto non facesse da anni.

Lo vide anche fare innumerevoli chilometri in auto, su e giù per la costa medioadriatica, traversando colline e pianure, in un patchwork di campi di grano, orzo, erba medica, mais, girasoli, ceci, pomodori, olivi, viti, pannelli solari, pale eoliche, capannoni sfitti, rotonde, casali abbandonati, case in vendita e paesi – vecchi e nuovi – in cerca d’identità.

E lo vide fare lunghe, lunghissime nuotate, nelle poche soste al mare, come a dimostrare – a sé soprattutto – che ne aveva ancora di energie da spendere e mettere a frutto, procedendo a ritmi moderati e regolari.

Ma tanti giorni c’era solo un desiderio di stare fermo e disteso il più a lungo possibile e, se proprio doveva fare qualcosa, leggere.

Di quelle letture che erano sue e di pochi altri, fuori dalle mode e dai canoni, e per questo lo prendevano, per questo ridestavano i suoi istinti di scout letterario in erba, l’eterno dilettante in lui (musilianamente) dai molti talenti.