Agire i pensieri
Settimane intense quelle della tradizionale estate di San Martino, a cavallo tra ottobre e novembre, prima dell’arrivo delle intense piogge autunnali (esplose quest’anno esattamente a cavallo di San Martino, tra il 10 e il 12 di novembre). Settimane intense per le tante corse a ultimare, ancora con il bel tempo e i campi asciutti, i lavori stagionali in campagna, tra raccolti (uva, mele, granturco, castagne, olive) e semine o predisposizione dei terreni a nuove semine (grano, orzo, fave, piselli, aglio, cipolle). Settimane intense anche per i tanti pensieri, variamente pessimisti o realisti, ispirati da queste corse e di corsa espressi ora in uno status ora, se sollecitato, in un commento su Facebook.
Nel complesso, però, settimane intense anche come vitale appagamento e senso di benessere, agendo i pensieri più che limitandomi a pensare o a pensare di agire.
Un agire – più ancora che un fare – ed essere perciò conseguenti con i propri pensieri che potrebbe o dovrebbe essere la parola d’ordine delle settimane e dei mesi e anni a venire. Perché, come rispondevo su Facebook a chi pure mi elogiava e ringraziava come «INTELLETTUALE, attento osservatore e relativa pubblicazione di pensieri, conseguenti alla elaborazione dell’“universo” con le sue sfumature, colori, ombre, oscurità e luci intense», nella sua convinzione che «esporre le proprie emozioni o pensieri, in modo tale da renderli comprensibili a tutti, è una delle qualità che distingue un intellettuale»:
Osservare e avere pensieri, anche riusciti, è da tutti suppergiù, non richiede un impegno particolare. Ma non basta, non è sufficiente: è più importante agire, agire quei pensieri.
[…] in questi giorni ero anch’io, nel mio piccolissimo, preso ad agire più che a pensare o condividere pensieri e impressioni: ovvero, affinare (per modo di dire quest’anno) la terra e seminare dell’orzo. E nel mentre mi interrogavo sull’utilità del tutto, se ne valesse davvero la pena consumare gasolio e mezzi e semi e concime ed energie a rigirare quella terra così dura e rognosa. Sentivo però che era un lavoro che andava fatto, quale che sia il magro utile se non addirittura la perdita che poi a luglio ne risulterà, ed ero perciò contento di quanto facevo, e lo sono ancora di più adesso che so di aver finito giusto in tempo prima dell’arrivo della pioggia. Questo per dire che va bene ed è più che utile pensare e interrogarsi e pure condividere interrogativi e pensieri, ma alla fin fine l’importante è agire, è fare, è essere conseguenti con ciò in cui si crede (e, tante volte, anche con ciò in cui non si crede, o in cui non si crede più). Verrà poi il momento dei bilanci, e si capirà allora se uno ha lavorato e seminato bene oppure se poteva far meglio o ancora se era meglio proprio non fare niente. Nel frattempo, però, godiamoci pure la soddisfazione del nostro star facendo secondo le nostre possibilità e/o inclinazioni, nella convinzione e nella speranza che il nostro pur imperfetto operato sia sempre meglio che non muovere dito.