Fuggendo l’Italia
Libri dell’anno: è tempo di classifiche, così faccio anche la mia. Annotando da qualche tempo tutto su Goodreads.com, è facile: basta selezionare i titoli che hanno preso cinque stelle. Quindi, in ordine temporale:
- David Albahari, L’esca, Zandonai Editore;
- AA.VV., New York Stories: Landmark Writing from Four Decades of New York Magazine, Random House Trade Paperbacks;
- Juan José Saer, Cicatrici, La Nuova Frontiera;
- Andre Agassi, Open. La mia storia, Einaudi Stile Libero;
- H.G. Bissinger, Friday Night Lights: A Town, a Team, And a Dream, Perseus Books Group;
- Marc Weingarten, Who’s Afraid of Tom Wolfe?: How New Journalism Rewrote the World, Aurum Press Ltd;
- Peter Gent, I mastini di Dallas, 66thand2nd;
- Edward Dahlberg, Poiché ero carne, Adelphi.
A completare la decina vincente, due quattro stelle:
- Domingo Martinez, The Boy Kings of Texas: A Memoir, Lyons Press;
- Héctor Tobar, Translation Nation, Riverhead.
Commento finale: letto abbastanza (19 libri finora, per un totale di quasi 5000 pagine), anche di discreta qualità, ma sicuramente si potrebbe fare molto, molto meglio.
S’impone però un’altra considerazione: nell’impossibilità (ma anche la mancanza di una vera volontà) di lasciare l’Italia fisicamente, mi accorgo di fuggirla nelle letture in forma di libro. Fuggo dalla sua tristezza quotidiana, dalla sua galoppante mediocrità? Cosa fuggo dell’Italia di preciso non so, ma non posso dirla di amarla, quantomeno non l’Italia di oggi. In verità sento di disprezzarla; in verità la detesto.
Detesto come siamo diventati come paese e, in linea di massimo, anche come persone. Detesto in ultima analisi come sono diventato io stesso: uno che per gran parte detesta il paese dove è nato e cresciuto, il paese dove vive (o, forse più correttamente, sopravvive), e perciò ne fugge laddove possibile, non fosse altro che nelle letture su libro. E per essere uno che dice sempre che non serve a niente fuggire, non è una bella sensazione.
È dunque una lacuna che andrà rivista, questa allergia agli autori italiani di oggi. È il malcontento che suscita l’Italia che si spera un giorno o l’altro (magari già nell’anno a venire?) possa stemperarsi e pian piano rientrare.