In forma di tweet
Senza un ordine preciso, né temporale né tematico, un calderone di tweet seminati tra il 2009 e il 2012, più qualche inserto improprio – cioè fuori da Twitter – del 2013. Scongiurando di accumularne di nuovi.
- C’è, ci deve essere, in un traduttore una vena di masochismo, accanto a una più o meno marcata e palese misantropia.
- È un fatto: devi spegnere la tua voce, ammesso che ne abbia una, e tappare anche occhi e orecchi, se e quando vuoi tradurre con intensità.
- Presenti gli ebrei al Muro del Pianto? Così tu alla seconda rilettura di una tua traduzione, avanti e indietro con il tronco davanti allo schermo.
- Ti sarai pure dato al podismo, ma il paragone tra traduzione e ciclismo resta sempre il più calzante. Pedala, allora, e non pensare ad altro.
- Si lavora bene la notte, al riparo delle distrazioni-apprensioni-irritazioni dell’attualità, ma fatte le due può bastare.
- Fatte le due, si possono fare anche le tre. Ma che non diventi una costante – perché, se proprio deve essercene una, niente meglio delle 23.23.
- Si fanno pure le tre, tre notti di fila, ma poi si paga, come ogni eccesso.
- Succederà. Non sai come, non sai quando, ma succederà. Di colpo tutto questo finirà. Con un rischio: che cambi tutto per non cambiare niente.
- Sempre un po’ quella, la sensazione: di straniero nel proprio paesello, isolato e sfigato, acculturato e sofisticato e snob del cavolo.
- Non fosse che sei troppo piceno e sibillino, mica male le acque e le terre marrucine – e più ancora i vini – tra l’Adriatico e la Maiella.
- Da capire perché se c’è crisi, o tira aria di crisi, puntualmente ti ritrovi in crisi. Sarà la natura ansiosa? Saranno le antenne sensibili?
- Momenti euforici in cui le energie si autorigenerano e riesci a fare di tutto; altri, sfiniti, in cui non ti alzeresti mai dal letto.
- In uno spirito di auto-accanimento, ci vediamo spesso pieni di difetti. In realtà, ti accorgi presto, non che gli altri siano così migliori.
- In un presente che poco entusiasma e un futuro sempre più indefinito, sempre quella la ricetta? Uno o più passi indietro per ripartire di rincorsa?
- Questa voglia di velluto, questa voglia di flânerie, questa voglia di non-si-sa-che in mezzo a valanghe informative, irritazioni e poco più.
- Un mero surrogato di vita, la vita online. Ma se e quando quella reale difetta, meglio questa imperfetta integrazione che la fuga nel niente.
- Un gran calderone la vita, una continua aggiunta di elementi e una lenta cottura.
- Quante cose – troppe, inutili, vane – accumulate negli anni – per sfizio? vanità? malinconia? solitudine? – senza farne un vero utilizzo.
- L’inesausta malinconia/poesia del crepuscolo.
- La beatitudine di riuscire a staccarsi e astrarsi.
- La distanza: uno scoglio che graffia, a fior d’acqua.
- Anche gli amori di lunga data prima o poi sfioriscono. E se proprio non finiscono, di certo qua e là si annacquano e vivono fasi di forte stanca.
- Ci si chiede, tante volte, se non fosse stato meglio perseverare in altre strade, resistendo alla fascinazione della parola scritta.
- Leggere, scrivere, tradurre? Tutto molto bello. Ma vuoi mettere pedalare, nuotare, scarpinare, correre, faticare, sudare, vivere!
- Affaticamenti fisici e stress mentali: di gran lunga preferibili i primi, liberatori; i secondi, costrittivi-oppressivi, preludio di rotture.
- Per sconfiggere stress, malinconia, freddo, umido, buio, niente come correre: piano quanto vuoi, a lungo quel che puoi, ma correre.
- Poté gareggiare un anno solo, scriverà forse un giorno, ma fu un anno stupendo, che ricorderà per sempre.
- Il ricordo struggente di felici corse folli e il pensiero che senza essere un po’ folli di rado si raggiungono traguardi felici.
- Come direbbe la Mondaini: «Che barba che noia, che noia che barba». I sabati chiusi in casa sono la quintessenza del rincoglionirsi.
- Sono da soli / tanti sabati sera. / Ma non stan bene.
- La domenica / niente interruzioni. / Un grande lusso.
- Star in pigiama / è buona domenica. / Non vergognarti.
- Sul dì di festa / la pioggia a singhiozzi. / Come la vita.
- Inconcludenza: il guaio di tenersi liberi per qualcosa che non arriva.
- Avrà anche ragione Cioran sulla bontà dell’indolenza ma, se non stemperate, le lunghe attese finiscono per esasperare.
- Sempre lei: la paura di sbagliare che porta ogni volta solo a commettere errori più grandi.
- Anche le batoste hanno una loro utilità. Specie se ripetute, sono indice di qualcosa di profondo che non va e richiede così urgente rimedio.
- Con il tempo diventiamo tutti un po’ “spietati” che non si fanno intimorire troppo e, quando necessario, tirano dritto?
- Conoscere le minuzie e i più intimi dettagli della vita di un autore, come di un normale individuo, lo fa amare di più? No, lo fa esecrare.
- Noi ventenni a cavallo di ottanta e novanta, un po’ sognanti un po’ pratici un po’ letargici un po’ smaniosi un po’ sempre in divenire.
- Le nuvole spazzerà via / ma non la voglia di Bahia / questo vento lancia in resta / che l’inquietudine ridesta.
- Si tira tardi / ma non è mica bene. / Notte su notte.
- Fuori di senno / frullati di notizie. / Fiori di fuori.
- Canto silente / le ore della notte. / Sogno vivente.
- A notte fonda / a cosa pensi non sai. / È quello che sai.
- Se ci si pensa, ma quanto è crudele maggio! Il mese forse più dolce, ma anche il più atroce, dispensando a piene mani bellezza e dolore.
- Semaine épuisée / on ne peut plus pour ce soir. / Bonne nuit au revoir.
- Voglia voglia voglia… di piantarla con il frammentario e lo sminuzzato – cosa che detta via Twitter è un po’ il colmo.
- Quella perturbante sensazione di un lento ma inesorabile smottamento – fino a una precipitosa frana finale o che altro?
- Che sarebbe se si potesse cambiare vita con la stessa facilità e frequenza con cui si apre o rinnova un sito/blog/profilo.
- Come sempre, quando il presente non ti soddisfa e di futuro non si scorge traccia, cerchi conforto (vano) nel passato.
- Quegli scatti di trascorsi adolescenziali scomposti e rimossi che si materializzano nella casella di posta, suscitando un’infinita tenerezza.
- Sedersi su ciò che uno già ha: se non l’errore più grande, sicuramente una grave sconsideratezza.
- Stanco! Stanco di un mondo dove vige il dio quattrino e la bellezza non ha alcun valore! Stanco di un mondo di arricchiti e di mediocri!
- Dopo tutto quel che c’è voluto per bonificare valli e paludi e così debellare fame e malattie varie, ora le cementifichiamo a tutto spiano.
- «Forse dire che amo il mio Paese non è esatto. Spesso lo disprezzo.» – Mario Vargas Llosa riguardo al Perù (e tu riguardo all’Italia).
- Di crisi in crisi, di bolla in bolla, di guerra in guerra, di emergenza in emergenza: sarebbe questa la fukuyamiana “fine della storia”?
- Quel bisogno di sentirsi fisicamente vivo, correndo a lungo sotto la pioggia e, non ancora sazio d’acqua, aggiungerci 60 vasche in piscina.
- La verità, la verità? Quando torna il bel tempo e lavori all’aperto, in campagna, passa tutto… be’, quasi tutto.
- Sazi di realtà, strafogati di irrealtà, un digestivo a base di iridescente contemplatività.
- Ma come ci piace leggere ad alta voce! E come si capisce bene, in questo modo, se un libro, un racconto, un articolo merita oppure no!
- Rallentare la lettura al livello della frase, della proposizione, quasi della parola. Leggere a voce alta, solo per sé. Sentire il ritmo.
- Una conferma, in mezzo alle tante incertezze e le innumerevoli incognite: febbraio è uno dei mesi migliori per leggere e scoprire nuove voci.
- Era ieri che tuo padre accompagnava te dall’oculista e poi dall’ottico; oggi i ruoli sono invertiti, e capisci che anche tu sei invecchiato.
- Il meglio sarà anche già stato ma, questo è un fatto, tu sei meglio oggi di ieri.
- Chissà, diventare adulti è anche imparare a fare a meno dei propri idoli, come di ogni altro idolo, e senza fare di se stessi un idolo.
- Se il nostro universo sonoro è quello fissato dalla musica ascoltata nei primi trent’anni, ti credo la tenace rabbiosa/lirica malinconia.
- Il bisogno di ridare spazio al bello – ma non nel senso della bellezza fisica, quella costruita, esibita, usata come merce di scambio.
- Il disincanto: questa tacita ammissione di sconfitta, questa apatica dichiarazione di ritirata, senza più l’entusiasmo né la rabbia.
- C’è chi stuzzica, e così rimetti mano a Cioran: «Non la paura di intraprendere, ma la paura di riuscire spiega più di un fallimento».
- E Cioran che (come sempre!) sentenzia sulla speranza inconscia che compensa quelle, esplicite, respinte o esaurite.
- E no, non si può mica ricominciare ogni volta la giornata sorbendosi la solita e orripilante dose quotidiana di mediocrità e squallore.
- È un orizzonte di crisi, d’accordo, ma presto pure i discorsi più alti sulla crisi vengono a noia, svuotano, snervano, e se ne fugge via.
- Ci si sveglia di un buon umore che, in declino durante il giorno, si riprende solo con la notte. Parola di Twitter.
- Ci si sveglia presi dalle cose del mondo, ci si porta verso la sera con le suggestioni delle parole, ci si addormenta tra i pensieri dell’io.
- Again and again, “these rivers of suggestion are driving me away.”
- Qualcosa di nuovo qualcosa di nuovo qualcosa di nuovo.
- Así y así y así… así me gusta: traducir una mezcla de inglés y español.
- In superficie le cose magari migliorano; in profondità è tutto da vedere.
- Sembra sempre che non cambi mai niente; a ben vedere, invece, cambia tutto e fin troppo rapidamente.
- I nostri pesanti sabati sera da soli; pesanti perché dicono molto, perché parlano da soli, perché ci inchiodano al fondo di noi stessi.
- Il pigro ripristino della routine dei sabati lavorativi (sere comprese), a sancire l’addio alle feste e al greve attorcigliarsi dei pensieri.
- Il pleut aussi ce soir / il pleut mais on ne pleure pas / qu’elle est belle comme ça / ce dimanche il sait plevoir.
- L’insonnia uscendo dalle feste; l’insonnia andando a letto troppo presto; l’insonnia (s)ragionando tra sé e smaniando per qualcosa di nuovo.
- Se ci freghi più l’incapacità di staccarci dal passato, dalle origini, o più la brama di un’alterità e un altrove irraggiungibili.
- «La vera fortuna è non avere paura del proprio futuro», sottolinei e traduci in una delle ultime pagine di un romanzo appena letto.
- Questa te la devi segnare: «A volte prendere decisioni temerarie è importante nella vita di una persona».
- «Devo proprio mandare questa e-mail?» Domanda da estendere a tweet, link, aggiornamenti di stato, post e cazzeggi vari.
- Il pensiero che siano sempre le email, anche quelle non scritte e quelle senza risposta (soprattutto quelle), a dire più di ogni altra cosa.
- Poi, mica è sempre vero che non rispondi (meno di un tempo, ma a volte rispondi – con cura), solo che spesso ne va della tua concentrazione.
- Ora che hai avuto la conferma (tacita) che ti aspettavi, potete anche tornare a ignorarvi cordialmente: tu resti un signore, altri chissà.
- Fanno male le separazioni, di ogni tipo, come negarlo. Ma alla fine, se si è solo in due (parti) e non ci sono pregressi, basta ignorarsi.
- Sospesi tra un passato che non passa, ma ammalia e grava al tempo stesso; un presente senza fascino, che inebetisce; un futuro che non si sa.
- Non avere voglia, non avere voglie: se non peggio, non meglio di una vita di smanie. Un protratto, monotono, sterile inverno.
- L’inquietudine del mattino finché non fissi almeno un pensiero, finché non ti stacchi dal mondo elettronico e ti immergi nelle tue cose.
- Forte nelle pause la smania di correre a curiosare sul web. Ma per chi può, quanto più utile adagiarsi a leggere una pagina di un libro.
- «Non impariamo mai niente, semplicemente diamo un nome nuovo ai vecchi errori.» – Edward Dahlberg
- Quella mappatura di sé che spesso è tenere un blog.
- Quelle mediocrité ! Ce n’est que du bla bla !
- Doversi difendere di più dall’assordante cicaleccio del mondo o dalla Fortezza Bastiani dell’ossessione dell’io?
- Dacci oggi il nostro strepito quotidiano? No, dacci una Lucky Town dove “I’m gonna lose these blues I’ve found”.
- Una forma di resistenza non cominciare la giornata con le notizie del giorno.
- La fortuna, a volte, di dover ottemperare ad altri impegni e così rimanere lontani dal cuore degli eventi e al riparo dai flussi informativi.
- Non gioisci, a tragedie e disastri, ma non riesci nemmeno più a stupirti, indignarti o addolorarti più di tanto, e di questo e di tant’altro.
- Allietano sempre le masse giovanili in movimento. Ma il sorriso è attenuato dal pensiero di quel che può celarsi subito dietro l’angolo.
- Più passa il tempo e più sei convinto che la tua generazione (X o giù di lì) è quella rimasta – e che è – più con le mani in mano.
- Questo tempo di così incerta lettura, con buone previsioni ma tuoni e lampi à gogo. Non è quiete, non è tempesta. Solo un grande NON SO.
- È vero che il tempo non si ripete mai allo stesso modo, ma ad avere un po’ di memoria storica certe sue evoluzioni si somigliano alla grande.
- Crescente è in giro lo spazientimento, ma grande sempre resta la rassegnazione, e in generale ci si raccapezza sempre di meno.
- Vero, come sosteneva Musil, che il mondo si può paragonare a «una commedia scadente».
- Ti credo poi che uno sviluppi i sintomi di una gastrite nervosa, tanto negli ultimi tempi è incazzato nero, maschere quiete e pacate a parte.
- E il paese, diventato finalmente un paese normale, ben retto da un governo dei migliori, anziché dai mediocri, sprofondò nella noia. Magari!
- Il fatto che, non per entusiasmarci ma giusto riappacificarci un po’, bastasse un governo sulla carta ammodo dice da sé quanto stavamo male.
- Sempre più con Popper e la sua critica dell’idea/superstizione della democrazia comando del popolo, per la democrazia giudizio del popolo.
- Tutto si potrà dire dei tempi che viviamo meno che non siano interessanti, per come obbligano a rivedere costantemente i nostri parametri.
- Anziani che discutono vicino alla tua finestra, senza lamentarsi che la vita cambi. L’unico problema è la rapidità dei cambiamenti. Già!
- Puoi detestarla quanto vuoi, la realtà fattuale, e trovarti molto meglio nel virtuale, ma prima o poi questa viene sempre a trovarti.
- Il sospetto, prima riflettendo in auto e poi leggiucchiando, che essere programmaticamente anti e sempre in negativo designarsi, porti male.
- Someone says sometimes you should stop “deprecating” yourself.
- «L’inferno esiste: è il centro commerciale di domenica», she dixit.
- L’insofferenza per gli iper era nota, ma quella per i borghi di cartongesso degli outlet (il non plus ultra di consumo e kitsch) non ha pari.
- Guidare in autostrada senza i camion e di colpo cogliere, dalle pochissime Fiat, Alfa e Lancia in circolazione, tutto il declino dell’Italia.
- Che pace, con le strade silenziose, pochi veicoli in corsa, pochi motori in azione, ogni suono e movimento ovattato. Più Natali per tutti!
- Natale, al suo fondo, con i suoi riti, celebra ogni volta di più una sconfitta: quella della vita moderna. Perciò, a chi piace e a chi no.
- Ci sarà un che di malato nel gusto per la solitudine, ma certe sere, durante le feste e non, la sola compagnia della radio può fare miracoli.
- Ora che sono finite, puoi dirlo? Sarai blasfemo, ingrato, musone e quant’altro, ma… fanculo le feste e gran parte di ciò che le accompagna!
- Sempre queste corse, che sia per prendere un treno o fare che altro. Da un anno all’altro la storia non cambia.
- È l’aria fina / uscendo di cantina / e qualcuno già vaticina / cinguetta una rimettina / neve di prima mattina / pure sull’ascolana collina.
- Vè nenguènne a cecerille / e lu munne è na nze più bielle / tutte aredevènta ne cco frechì / ndà li caccenille zempetta tutte lu dì.
- Li vòte che lu vellegnà zzeccava che la luna piena e de notte se facié vellì lu callare de lu vi cuotte: na favela, che te lu diche a fa.
- E quanne se cuocé li pemmadòra, li peperù e li tòtera de ranturche ccima a la vracia che se teré fora da sotte a lu callare? Slurp!
- Prima piane, mo sempre più forte, ma steme riènne a ccape da pié. Chi ce s’è magnate lu cervielle? Li atte?
- La stufa bruciatutto in ghisa? Finché c’è il sole se ne sta lì buona, ma come tornano umidità e pioggia ti dice: “Accendimi, accendimi!”.
- Belli i tempi in cui ci si concedeva il lusso dei ritagli di giornale; oggi tutti gli arretrati di filato nel cassonetto.
- Così stanco… di non combinare niente, per un verso o per l’altro. Soprattutto, stanco di funerali. Maggio, alle volte, è davvero atroce.
- Bello il mare, belli i corpi seminudi, in ammollo e no, ma spesso rilassa molto di più restare fermi al fresco di una vecchia cantina.
- La seriosità e le torri d’avorio di certo non vanno. Ma se tutto diventa happening ed eventificio e “sagrificio”, è qui la soluzione?
- Dirà sempre che no, non andrà, non vuole, ha già dato, non può, ma il tarlo di Mantova è lì ogni fine agosto che ricomincia a scavare.
- Di una bellezza struggente la montagna d’autunno, conturbante – ma devi guadartene, devi presto fuggirne, pena esserne di nuovo succube.
- La montagna… la montagna è risalire alle origini, là dove il tempo profondo della Terra è più visibile, negli strati geologici delle rocce.
- Risponde e consente il corpo, a volergli bene, anche dopo qualche tempo di inattività. Lo stesso la mente. Insomma, bisogna volersi bene.
- Più che altro, il corpo ricorda, anche più e meglio della mente, che spesso invece lo debilita, chiedendo da lui troppo o troppo poco e male.
- Chiedono tregua almeno un giorno a settimana, occhi e cervello, e di scorrazzare per la rete anche di domenica no, non ne vogliono sapere.
- Anche il corpo sarebbe renitente a fare alcunché di domenica, ma questa è una pigrizia che per il suo bene bisogna combattere.
- La lunga corsa ideale del pomeriggio/sera: falsopiano, poi salita, poi discesa, poi pianura. Cioè: autunno, inverno, primavera, estate.
- Non per snobberia, ma che ne diresti se – non solo per l’estate – riducessi al contagocce la presenza online? Fuori e sconnesso rendi di più.
- E tornare ad alzarsi con costanza alle sei, iniziando a lavorare alle sette, senza leggere e scrivere troppo di qua e di là? Sai che svolta!
- Femmina la traduzione. Vuole che le stai appresso, che le dai importanza, la lusinghi, la aduli, la porti con te ovunque, ovunque lei voglia.
- Che occorra anche essere un po’ aridi per riuscire come traduttori, dovendo sottrarre tante ore ad affetti e amicizie per produrre cartelle?
- In generale, non è che chiunque abbia troppo a che fare con la parola scritta rischi di contrarre o sviluppare una certa aridità di cuore?
- Se ripensa a tutte le ore passate su questo o quel blog, specie quelle a modificare i template: che spreco! E che arricchimento!
- Da quando frequentava le mailing list, l’idea che la rete sia una lente per capire le persone: qui non si riesce a nascondere troppo.
- L’impressione che il nostro comportamento in rete (spesso caricaturale, ma non meno veritiero) rispecchi fedelmente quello che siamo davvero.
- Che internet ci renda o no più stupidi e soli, una cosa è certa: per sociologi, psicologi e altri ricercatori di scienze umane è una manna!
- Sarà stata una colpa non avere mai posseduto un prodotto Apple, non avere mai imparato a essere levigato, perfettino, stylish, cool?
- Siamo moderni e tutto il resto, ma, a conti fatti, continuiamo ad avere un insopprimibile bisogno di idoli e miti, meno di maestri e idee.
- Facebook: non il punto di arrivo, tantomeno il punto di partenza; semmai, un fare il punto della situazione delle proprie reti sociali.
- Twitter? Né punto di arrivo né punto di partenza né punto della situazione. Per caso, un punto di non ritorno?
- Ci sta mettendo impegno a non cincischiare più molto su Facebook e Twitter, ma, finora, non che ne tragga gran giovamento. Evidente la noia.
- Facile scattare foto; molto più difficile selezionarle.
- We just need stories.
- Essere (stati) cioraniani dentro: che palle!
- «La cosa più importante: dimenticare ciò che si è fatto. Però bisogna anche aver fatto qualcosa.» – Elias Canetti
- «Come è tipico della nostalgia, ricordiamo gli aspetti luminosi di un’esperienza e ne dimentichiamo i lati oscuri». – David Weinberger
- Dovrebbe rallegrarti a posteriori di avere spesso ragione. Ma come cantano i Tiromancino, «la ragione non sempre serve».
- A forza di byte / un corpo che ha fame. / Fame di corpo.