Accontentarsi?

Accontentarsi, per esempio, di esperimenti di pani e dolci con il lievito naturale fatto in casa, per distrarsi da situazioni personali e generali non esaltanti, non luminosissime, mettendo alla prova e affinando le proprie capacità manuali per cercare di ricavarne una simbiosi migliore con quelle intellettuali?

Qualcosa di buono cominciava a venirne fuori, ed era gratificante notare i progressi che, procedendo con accortezza e perseveranza, si riuscivano a ottenere. Ma accontentarsi solo di quello, di un tozzo di pane o un dolce realizzati in tutto e per tutto con le proprie mani, era decisamente troppo poco.

Accontentarsi, in generale, era davvero un bene? Accontentarsi di quanto di buono un moderato impegno permetteva di conseguire poteva bastare? Era quella sempre la risposta giusta? O non era, spesso, precludersi di più o di meglio?