Un eterno 30 settembre
Ultimo giorno di settembre. San Girolamo, santo patrono dei traduttori. Giornata mondiale della traduzione, di conseguenza. Giorno in cui, in generale, sembra di capire, si ha ben poca voglia di celebrare, altrettanto di conseguenza.
È del tutto casuale che la festa dei traduttori cada in un giorno così. Ma, a ben vedere, forse giorno migliore non poteva esserci.
La vita del traduttore è sovente un eterno 30 settembre, sospesa com’è tra momenti di esaltazione per un lavoro che appassiona e rallegra – proprio come quei deliziosi scampoli d’estate, di un caldo mite, che fine settembre a volte sa regalare – e momenti di cupezza e profondo abbattimento – come lo sconsolato rannicchiarsi in se stessi al brusco calo delle temperature e le giornate di grigio e di pioggia o di vento che segnalano l’ingresso vero dell’autunno, specchio perfetto di quella situazione di precarietà e incertezza con cui il traduttore, non importa se ancora alle prime armi o ormai di vasta esperienza, non di rado è chiamato a fare i conti (già solitamente magri sotto l’aspetto economico).
Non a caso dicevi, a inizio agosto, fresco di consegna, dunque piena estate, rispondendo a delle domande:
L’aspetto più faticoso [del lavoro di traduttore] è l’incertezza di quello che verrà una volta consegnato. Il dover fare magari i conti con periodi più o meno lunghi di inattività forzata, vista, con il calo delle vendite, la riduzione del numero dei libri tradotti (soprattutto a livello di saggi, il mio settore primario di competenza) e, sempre più spesso, anche la tendenza degli editori a risparmiare sul costo delle traduzioni, affidandosi perciò a traduttori pronti a farle per tariffe sotto lo quali io non sono (più) disposto a scendere o, in certi casi, se c’è urgenza di andare in stampa, in tempi ridottissimi, lavorando a ritmi di 10-12 ore al giorno, sette giorni su sette, che un traduttore agli inizi regge con facilità ma che dopo alcuni anni mettono letteralmente k.o. E come se non bastasse l’incertezza o comunque la discontinuità lavorativa, alla volte c’è inoltre il dubbio di quando verrai pagato per i lavori già fatti e consegnati, sempre per il famoso discorso della crisi delle vendite e per altre variabili più o meno note e più o meno messe in conto all’atto di accettare una traduzione.
Oggi, più che mai, è così. In particolare in Italia. Il traduttore vive il suo giorno di festa spesso senza sapere se o quando e per quanto (anche monetariamente parlando) tornerà a fare il traduttore.
L’estate è definitivamente alle spalle. L’incerto autunno e il minaccioso inverno mettono tristezza e apprensione. Una rediviva primavera, di là da venire. Poca voglia di festeggiare, allora. Poca voglia di fare o anche soltando di dire, in generale. In tanti, da soli, rannicchiati a pensare.