Beware of the Internet, beware of ourselves

«I pochi che si salvarono furono i più ottusi, i più “arretrati”».
Piergiorgio Bellocchio, Dalla parte del torto

 

Siamo, molto spesso, ingenuamente portati a credere che la rete, a partire dallo strumento oggi imperante dei social, sia di aiuto a prescindere, sempre e comunque, ovunque, a chiunque: aiuta ad arricchire e migliorare le nostre conoscenze; aiuta a intavolare e mantenere rapporti, come a creare e gestire un piccolo o grande seguito; aiuta anche o in special modo nei momenti di maggiore difficoltà.

È verosimilmente vero il contrario: la rete aiuta, semmai, soprattutto se e quando stai già bene di tuo; se hai delle basi già solide, culturalmente, socialmente, economicamente e anche psicologicamente; se hai già chiaro in partenza che sulla rete puoi trovare, come nella vita reale, sia il bene sia il male, il buono quanto il cattivo; non ultimo, se non attraversi un momento particolarmente critico, ovvero se non sei troppo esposto alle insidie e le trappole che la stessa rete nasconde un po’ ovunque.

Perché la rete ha questo di bello e allo stesso tempo bruttissimo: accentua i comportamenti e le tendenze della vita ordinaria; esalta le doti e i pregi di ogni individuo ma, altrettanto facilmente, anche i suoi difetti, le sue patologie.

Guardiamoci allora dal credere che internet sia un paradiso; che quel che leggiamo e vediamo sulla rete sia sempre oro colato; che quel che scriviamo e postiamo e linkiamo e condividiamo, oltre che importante per noi, per l’immagine che abbiamo e vogliamo rafforzare o trasmettere di noi stessi, possa essere di un qualche interesse e una vera utilità anche per persone al di fuori della nostra ristretta sfera ideale, con un diverso modo di pensare e di fare, con una diversa visione del mondo, con una diversa appartenenza; soprattutto, che grazie a internet, o solo con l’aiuto di internet, andrà, per ognuno di noi, ogni giorno un po’ meglio.