4 luglio 2018
Francesco De Gregori: dove lo avevo già visto in concerto? Ah, sì, al vecchio teatro Calabresi di San Benedetto del Tronto, non meno di quindici o forse venti anni fa. Ricordo giusto un’atmosfera molto composta in sala, non particolari emozioni o suggestioni. (O mi sbaglio ed era in realtà Francesco Guccini? No, dovrei averli visti entrambi lì, in un periodo in cui gravitavo abbastanza sulla Riviera delle Palme per tutto ciò che concerneva la musica: dischi, biglietti per i concerti dei Rem a Bologna o Ancona, e anche eventi in loco.)
Lo rivedo ieri sera, all’aviosuperficie di Villa Selva di Favale, comune di Civitella del Tronto (TE), in un concerto previsto inizialmente alla Fortezza della stessa Civitella, poi spostato in una superficie più ampia per consentire l’accesso a un maggior numero di spettatori.
E all’Airpark di Favale ce n’è di spazio. E ce n’è di gente, forse anche per il prezzo decisamente popolare del biglietto: 12 euro (13,20 in prevendita), trattandosi di un evento rientrante nel Festival Abruzzo dal Vivo 2018, una collaborazione tra Regione Abruzzo e Mibact.
Quanto a me, mi presento all’appuntamento senza biglietto. Come quasi sempre in queste occasioni festivaliere estive, decido all’ultimo momento di andare, pensando: se trovo un biglietto, ok, vorrà dire che mi rigira un po’ bene (in un periodo in cui pochissimo va per il verso giusto, in realtà); altrimenti amen, mi farò comunque un’idea da fuori dell’aria che si respira, oltre ad allontanarmi per una sera da casa facendo appena qualche chilometro.
Arrivo dunque, salendo e scendendo per la collina di Santa Croce, con un manto stradale finalmente rifatto, perfetto. (E il pensiero: Che meraviglia! Si può tornare a pedalare da queste parti, faticando da morire in certi tratti in salita, se non sei allenato, ma per il resto godendo alla grande, tanta – smottamenti e terremoti permettendo – la tranquillità e la bellezza dei posti.) Non sono il solo lungo questa strada di campagna poco transitata già di giorno, figurarsi la notte: mi precedono e seguono altre automobili, tutte con andatura pacata. Buon segno: andranno senz’altro a sentire De Gregori. E arrivato sul piano, in effetti, anche se manca ancora un chilometro al luogo del concerto, ecco già auto parcheggiate ad ambo i lati della strada. Non mi fermo però, proseguo: sia mai che si sono fatti tutti prendere dalla paura di non trovare parcheggio più avanti? Be’, no, anche più avanti è tutto pieno, ci sono addirittura un paio di bus navetta che scaricano gente all’ingresso dell’Airpark, ma poco più giù ecco l’indicazione di un parcheggio nei campi, appositamente approntato, con tanto di volontari della protezione civile a regolare il traffico. Roba grossa, non c’è che dire: proprio non mi aspettavo tanto movimento, tanta organizzazione, tanta affluenza. Penso: Na’, stasera mi sa proprio che resti all’asciutto con il biglietto, sprovveduto e fiducioso nella buona sorte che non sei altro.
Comunque, procedo. Parcheggio, non proprio vicino, in questo pratone falciato di fresco. Quante macchine, cazzo! E su quante file! All’uscita sarà di sicuro un ingorgo, visto l’imbuto dell’ingresso. Pazienza, per ora non voglio pensarci, voglio provare a vivermi serenamente la serata. Mi metto in cammino, m’incolonno con gli altri. Ah, ecco pure i bus navetta, subito sulla provinciale: è un breve tratto fino all’Airpark, ma salgo su. Qui, mi si comincia a chiarire la fisionomia del pubblico: fascia d’età prevalente, dai trenta ai cinquanta, forse più donne che uomini, ma anche più anziani, in coppia, e più giovani, anche loro prevalentemente in coppia; giovanissimi, sotto i vent’anni, mi pare pochini. Tutti molto sorridenti, in ogni caso.
Proprio non diresti si tratti di un campione di quell’Italia “incattivita” di cui tanto si parla di recente; eppure, puoi esserne certo, in mezzo ci saranno anche parecchi elettori di Lega e 5S, nonché di FdI e Forza Italia, e magari pure Casa Pound e Forza Nuova, accanto a quelli più scontati di PD, LeU, +Europa ecc. No, dalle facce e dalle pose non sembra esserci in giro tutta questa “cattiveria”; quantomeno, non in quest’angolo di provincia centroitalica, un tempo parte integrante di un ricco quadrilatero produttivo (con tessile, edilizia e lavorazioni meccaniche a fare da traino, e l’agricoltura ancora saldo punto di riferimento tradizionale – vedasi l’inflazione di sagre a tema), oggi abbastanza ammaccato da delocalizzazioni e chiusure e orientato più al commercio che ad altro, ma sostanzialmente ancora combattivo e creativo, o, comunque, ancora con un ricco salvadanaio dalle parti di genitori e soprattutto nonni.
Ma, andiamo, pensiamo al concerto di questa sera, non alla politica, non all’economia, non alla società. Nella lunga fila sul viale d’ingresso all’Airpark che avanza a scatti, c’è per la verità qualcuno che parla di partiti, o meglio delle dinamiche politiche locali, a conti fatti sempre le stesse, secondo linee amicali quando non parentali, con i vari dominus del passato che fanno ancora sentire la loro pesante influenza, ma è giusto qualcuno. I più, facce, braccia, gambe, scollature e spalle già belle abbronzate, hanno la testa a vivere una serata in compagnia e allegria (zanzare permettendo), riandando semmai ai tempi in cui le canzoni di De Gregori accompagnavano i loro primi amori, più che i tragitti in macchina per i primi lavori.
Il mio biglietto? Oddio, spero tanto che nel gazebo vicino ai cancelli ci sia una specie di biglietteria, se no che peccato restare fuori, con tutta questa placida gente. Ecco, un’ultima avanzata a blocchi e ci siamo, siamo al controllo biglietti. Mi avvicino al gazebo: Per caso, c’è ancora qualche biglietto disponibile? La risposta: Sì. Quanti gliene servono? Uno, uno, dico. Purtroppo, penso dentro di me, la cara persona a cui avevo proposto di venire non è potuta – e per tanti versi non è voluta – venire. Mi dispiaccio per lei e un po’ anche per me, ché andare da solo a un concerto non è come andarci in compagnia, ma debbo ritenermi fortunato così: pensa, non ho dovuto pagare nemmeno il supplemento per la prevendita. E accanto a me, infatti, qualcuno nota la scena e si lascia sfuggire, un po’ contrariato: Ma che è? A ’sto punto stiamo? (Cioè: Fare la fila senza avere il biglietto, trovarne uno all’ultimissimo momento – il concerto sta quasi iniziando – e pagare anche meno? Che botta di culo ’sto sprovveduto!)
Ok, urrà, me lo meritassi o no, si entra. Ma quanto tempo è che non vado a un concerto serio? Quasi due anni, cazzo. Due anni che… be’, te li raccomando! No, lasciamo perdere: non voglio rovinarmi la serata ripensando a cosa sono stati questi ultimi due anni. Quanto a musica dal vivo, in realtà c’è stato, poco meno di un mese fa, a Bologna, l’omaggio a Lucio Dalla di Piera Degli Esposti e Gaetano Curreri dalla Torre degli Asinelli, durante il festival Repubblica delle Idee. Emozionante e tutto quanto il resto, ma vero concerto non era, come formato e soprattutto durata. Qui, stasera, è un’altra cosa; allora, godiamocela!
Oddio, manco entro che già si sentono delle note e la voce inconfondibile di De Gregori: inizio puntualissimo, alle 21.30 spaccate. L’area del concerto è già piena, con gente che, indecisa se ci sia posto più avanti, si sistema nelle retrovie, vicino allo stand dei gadget, o ai lati, vicino ai venditori di arrosticini e salsicce fumanti e paninozzi con la porchetta, più l’inevitabile birra. Io no, non mi posso fermare qui: sguscio tra uno spazio vuoto e l’altro, avanzo, mi porto verso la metà, dove, ancora (per poco) stanno seduti per terra alcuni dei primi entrati, qualche altro passo e, sì, ci siamo, può andare.
Ora, mi ordino, ascolta, se vuoi canta a mezza voce e non stare fermo come un palo, applaudi, e basta così. Cioè, non fotografare (tiè, se proprio non resisti, ti concedo cinque-sei foto ricordo con il tuo smartphone scadente, avendo avuto il buonsenso di non portarti dietro alcuna macchinetta, alcun borsello, alcuno zaino); non telefonare; soprattutto non pensare. Del resto, twittare non devi twittare, ché sei in pausa estiva; su Facebook, non ci sei più da marzo, sia lode al cielo; il blog non lo legge più nessuno, quindi cronache per lì è inutile che ne scrivi. E chi vorrà saperne di più di questo concerto, un modo lo troverà comunque: non spetta certo a te documentarlo; inoltre, se davvero voleva, poteva venirci.
Perciò, finalmente, un concerto (quasi) come ai vecchi tempi: senza secondi fini, senza particolari distrazioni; stando da solo, nell’amata folla anonima; ascoltando, interiorizzando; silenziando manie, apprensioni, pensieri.
PS E di De Gregori e delle sue canzoni non dico niente? Ah, a lui sembrano non crescere gli anni. La voce è sempre quella, il portamento sul palco idem, così come l’interesse solo per la musica. Ottima la resa acustica. Qualche brano meno noto all’inizio, poi un susseguirsi di classici. Lusingato per la calorosa accoglienza, un accenno alla familiarità con i luoghi, per avervi vissuto un periodo da piccolo, per un trasferimento del padre. Bello il duetto con la moglie Chicca in “Anema e core”. Struggente e molto applaudito l’omaggio a Lucio Dalla in “4 marzo 1943”, introdotto dalle note di “Quanto è profondo il mare” in chiusura a… non ricordo bene: forse “Titanic”? Concerto non lunghissimo, sulle due ore scarse, ma pubblico più che soddisfatto. (Pubblico che – anche peggio che da previsioni – dovrà poi pazientare un bel po’ per uscire dai parcheggi, in un ingorgo che non vi dico, dando comunque prova di grande urbanità, segno che la buona musica fa più che bene: pacifica e, anche senza volerlo, educa.)
PPS No, a casa non ho nessun disco né cassetta di De Gregori, e raramente cerco su YouTube o altrove suoi brani: sarà un caso se vado a un suo concerto ancora una volta da solo?