Leggere bene si può
Poteva andar meglio, poteva andar peggio: difficile a dirsi, come sempre. Una cosa si può comunque affermare con ragionevole certezza, della prima metà abbondante dell’anno che si chiude col 31 luglio: pur non procedendo a ritmo costante, pur alternando cioè momenti di dinamica euforia e momenti di malinconica e sterile stasi, le belle o interessanti letture non sono mancate.
E quando si parla di letture qui ormai si parla soltanto di libri, non di altro: per chi scrive, è sostanzialmente finito il tempo di riviste e giornali prima di tutto il resto, così come è finita l’ossessione per la variegata, frammentata, dispersiva e spesso snervante comunicazione-informazione in rete. Dunque il libro, e il libro di carta molto più di quello digitale, torna a essere la vera misura di un impiego del tempo libero intellettualmente proficuo; le restanti letture non che non contino, non che non arrechino contributi utili, ma nella gran parte lasciano il tempo che trovano, ovvero non rimangono.
E allora, ripassando questi primi sette mesi dell’anno viene fuori che i libri letti integralmente sono quattordici, quindici se si tiene conto di una rilettura: due in italiano, uno in francese, gli altri in inglese. Uno in digitale, gli altri su carta. Uno in prestito, gli altri comprati, indifferentemente nuovi o (la maggioranza) usati, di seconda mano, spesso resi di biblioteca. Cinque romanzi, quattro raccolte di racconti, sei memoir/nonfiction. Giudizio medio: quattro stelle abbondanti.
In ordine di lettura ultimata:
- Seymour Epstein, Leah (1964)
- Carmen Machado, Her Body and Other Parties (2017)
- Hernan Diaz, In the Distance (2017)
- Donatella Di Pietrantonio, L’arminuta (2017)
- Bette Howland, W-3 (1974)
- Bette Howland, Blue in Chicago (1978)
- Thomas King, The Inconvenient Indian (2012)
- Bette Howland, Things to Come and Go (1983)
- David Constantine, The Life-Writer (2015)
- James Salter, Burning the Days (1997)
- Stephanie Vaughn, Sweet Talk (1990)
- Martin Page, Manuel d’écriture et de survie (2014)
- Edward O. Wilson, Naturalist (1994)
- Alba de Céspedes, Quaderno proibito (1952)
- Geoffrey Wolff, The Duke of Deception (1979)
Che la seconda metà dell’anno possa proseguire su questa linea, magari incrementando le letture in italiano e anche quelle a carattere saggistico: variare, così come approfondire un autore, un genere, un settore, non fa male.
Soprattutto, non fa male lasciar perdere tante cavolate su internet e (ri)trovare così il tempo e la concentrazione e il piacere di leggere buoni libri: specialmente se sono su carta e occupano uno spazio nelle nostre stanze, di questi bene o male conserveremo un ricordo, li assoceremo a un momento particolare della nostra vita, felice o triste, proficuo o improduttivo che sia stato; del resto, boh, chissà!