Buono o cattivo, indovinato o sbagliato…
“Non hai un’alta opinione delle donne, specie quelle della tua/nostra generazione, vero?”
“Vero. Se per questo, nemmeno degli uomini della nostra generazione – me per primo, sia chiaro – ho una buona considerazione. Anzi, in gran parte li apprezzo ancor meno delle donne. Le quali, in tanti casi, pur con i loro limiti (uno su tutti: aver fatto – e, spesso, fare ancora – l’impossibile per non assomigliare anche solo lontanamente alle loro madri, pur andando così magari soggette a colpi e contraccolpi a ripetizione) si sono comunque più che spese per raggiungere un loro obiettivo superiore, un loro sogno, una loro vita ideale. Mentre gli uomini spesso e volentieri si sono semplicemente appagati dell’esistente e per tanti versi adagiati, senza mai dare troppo fondo alle loro capacità, senza mai impegnarsi più di tanto in qualcosa, senza mai esibire passioni autentiche e/o durature, conservando dunque in ciò tratti indicibilmente adolescenziali, quando non bambineschi.”
“Ah, andiamo bene allora, se queste sono le premesse per provare a intavolare un rapporto tra di noi, quale esso sia.”
“E che ci vuoi fare? Questo è quello che passa il mercato: prendere o lasciare, buono o cattivo, indovinato o sbagliato che sia. Ah, e tieni bene a mente il detto del cacciatore sibillino: A lu lèpre se tira ’na vòta sola: quanne passa. Dope, recchiappelo!”
“Eeeh?”