Sulla via Viscerale
Sensazioni, percorrendo l’altro giorno in bicicletta, in una botta di lucida pazzia (come altro definire la decisione di farsi di colpo 135 km, e su un percorso non pianeggiante, alla quarta vera uscita dall’inizio dell’anno?), la “via Viscerale” (SS 81 Piceno-Aprutina, Ascoli Piceno-Teramo-Penne-Chieti-Casoli) nell’intero tratto teramano e fino a Penne (PE), per poi piegare verso Loreto Aprutino, Montesilvano e infine Pescara: 1) che il soprannome le si addice in pieno; 2) che se si vogliono conoscere l’Abruzzo (Ulteriore Primo e Citeriore) e gli abruzzesi più antichi e veraci tocca passare di lì almeno una volta; 3) che mare, pianure, città di mare e sul piano saranno pure belli, ma colline e montagne e borghi collinari-montani hanno qualcosa di più, ti rimangono appiccicati dentro; 4) che ha ultra ragione Paolo Rumiz, quando scrive (in La leggenda dei monti naviganti, Feltrinelli, Universale Economica, 2011, pp. 185-189):
Niente città. Niente pianure. Niente guide rosse, verdi o blu ai monumenti. Niente ristoranti o alberghi a tre stelle. Soprattutto, niente rettilinei. Non c’è nessun mistero in fondo a un rettilineo. Il rettilineo non accorcia un bel niente: ti mangia la vita, è un interminabile nulla, una condanna come la galera. La nostra è invece una storia di paracarri e di tornanti. Un viaggio fatto di curve, nella pancia del paese. Migliaia di curve. A falcata lunga o di culo basso, spigolose o rotonde, non importa. Un viaggio di uomini e incontri. Una pista cheyenne incollata alla spina dorsale del paese. […]
Attento, mi hanno detto, gli Appennini sono come la ribollita. C’è dentro di tutto e rischi di perderti, di spezzare l’andatura nella ricerca dei singoli ingredienti dell’italico minestrone che invece va mangiato tutto assieme. E allora, per non smarrirti, non hai scelta: devi seguire i gangli della spina dorsale, non perdere di vista quei becchi inconfondibili chiamati “Pen” che migliaia di anni fa hanno dato il nome al tutto e ancora oggi danno il senso al tuo andare. Monte Pènice, Penna, Pennino, Penne, Pennabilli, Pescopennataro. Li trovi dalla Liguria al Molise. Sono le boe di una regata transoceanica, i paletti di un favoloso slalom gigante. Luoghi sacri di cui è rimasto solo il nome celtico e quel brivido che immancabilmente ti prende in cima, dove – mentre guardi senza fiato l’universo – una voce ti tenta dicendoti: “Ecco, un giorno tutto questo sarà tuo”.
Poi, per chiudere, una nota sulla difficoltà del percorso: pezzi più impegnativi l’ascesa da Val Vomano a Penna Sant’Andrea e poi quella dal fondovalle di Castiglione Messer Raimondo a Penne (più il lungo tratto pianeggiante della Vestina, fino a Montesilvano, almeno per me che non amo pedalare in pianura e su strade molto transitate), mentre le altre salite si fanno, con un buon allenamento, in tutta scioltezza.