Interludio #24
Quindici anni prima, alle prese con il primo libro da tradurre – una co-traduzione all’inizio, poi, a seguito di alcune vicissitudini, una traduzione totalmente in proprio e, in realtà, al momento della pubblicazione, non il primo libro tradotto ma il quarto – era ferragosto e – naturalmente? – era incollato al computer a tradurre e, essendo quella l’epoca d’oro della posta elettronica e delle mailing list, leggeva – e anche scriveva – raffiche di email.
Anni dopo, ormai nell’epoca dei blog, sempre di ferragosto era di nuovo incollato al computer, ma impegnato, più che a tradurre o a leggere e scrivere email, a leggere e scrivere post.
Anni dopo ancora, al tempo dei social e degli smartphone, sempre di ferragosto che poteva fare?
Tradurre no, ché era passata la fissa di lavorare sempre e a qualunque condizioni. Leggere e scrivere email nemmeno, ché quest’altra mania era fortunatamente decaduta da tempo. Per fortuna – ma, un po’, anche purtroppo – era finita pure la passione per i blog e i post. E, sempre per fortuna, non c’era nemmeno più l’assillo degli “amici” e dei “like” di Facebook, da cui, dopo una parentesi controvoglia, era riuscito ad affrancarsi senza particolari problemi.
Cosa c’era, allora?
C’era il richiamo dei “Cip! Cip cip!” di Twitter, inutile negarlo, ma a dire il vero non così irrefrenabile e insopprimibile.
C’era, a dirla tutta, la fine di un innamoramento incondizionato per la rete e per la vita digitale.
E c’era, più ancora, il bisogno di tirare un po’ il fiato, spegnere i motori e sostare, mentalmente non meno che fisicamente.
Poi?
Poi sarebbe partita ancora una nuova stagione.
Di nuovo molto all’insegna della traduzione, dopo il buon rilancio degli ultimi tempi (vedi bel libro in uscita, vedi prolissa intervista)?
O cos’altro?