Quella vacanza estiva
Il primo luglio, che arrivava sempre incredibilmente troppo presto, cominciava la stagione del fieno, la quale assicurava la sopravvivenza degli animali durante l’inverno. Nei mesi estivi, mentre gli animali si facevano floridi, grassi e boriosi, noi, i loro padroni, diventavamo sempre più magri, irritabili e rossi come gamberi; spesso ci alzavamo prima dell’alba e certe volte lavoravamo fin dopo il calare delle tenebre. Solo i cavalli parevano condividere il nostro ingrato lavoro e la nostra perdita di peso; le escoriazioni causate dai collari e le irritazioni provocate dalle cinghie dei finimenti ci lasciavano sulle mani calli e vesciche. Talvolta la sera ci massaggiavamo, dopo averlo diluito, con l’olio per i cavalli, per alleviare il dolore di storte e lividi che ci eravamo procurati durante il giorno.
Per tutta l’estate, come ho detto, gli animali erano liberi e diventavano sempre più forti. Solo le vacche da latte venivano ricondotte nella stalla due volte al giorno per essere munte, e anche loro sembravano assumere un’aria indipendente che sconfinava nell’arroganza. Le altre non facevano che brucare disordinatamente nei campi nel corso delle lunghe giornate di quella vacanza estiva. Dalla cima dei carri colmi di fieno le vedevamo, soprattutto nei giorni più caldi, distese sulle spiagge sabbiose che separavano i pascoli dal mare o pericolosamente vicine al bordo roccioso della scogliera. In riva al mare faceva più fresco, c’era sempre una lieve brezza e lì non erano infastidite dalle mosche che tormentavano gli animali all’interno. Noi, invece, nel corso della nostra estate di duro lavoro, passavamo poco tempo in riva al mare turchese o tra le sue onde.
Alistair MacLeod, «La seconda primavera», traduzione di Franca Cavagnoli, in Alistair MacLeod, Il dono di sangue del sale perduto, traduzione di Franca Cavagnoli e Francesca Romana Paci, Frassinelli, Milano 1999, pp. 121-122.