E non riusciva più a dormire

Avrebbe voluto non pensarci. Perché lo sapeva: se solo ci pensava gli si rimuoveva tutto il fiele che aveva dentro, che a più riprese si sforzava di diluire ed espellere da sé senza far danni, ma suo malgrado questo gli si accumulava ogni giorno di più, appena si apriva al mondo delle notizie del giorno.

Dunque ci pensava, alla fine. Perché, come faceva a non pensarci? Faceva il conto: otto anni. Otto anni quasi precisi precisi prima di pervenire a una conclusione che cancellava e ribaltava tutto. Otto anni perché, su ricorso diretto di un gruppo di privati cittadini, il massimo organo costituzionale si esprimesse sulla legge elettorale definita “porcata” dal suo stesso ideatore ma che aveva determinato la composizione degli ultimi tre parlamenti e quindi dei governi e governicchi e persino del presidente della repubblica da questi espressi, sentenziando che era da rivedere, era illegittima in più punti, ledeva il diritto di voto.

Otto anni di che, nella vita politica nazionale e di riflesso personale? Otto anni né più né meno che di merda, si sentiva di dire (e perdonategli l’espressione). Otto anni da buttare quasi per intero nel cesso.

Solo a pensarci non dormiva più. Solo a pensarci capiva. Capiva la frustrazione, capiva la rabbia, capiva la violenza (fino ad allora quasi esclusivamente verbale, ma ancora per quanto?) che erano montate in quegli otto anni (in realtà erano di più gli anni di quel degrado, di quel peggioramento, di quell’imbarbarimento collettivo: almeno venti, erano, o forse trenta). Li percepiva in giro, nella vita di ogni giorno, i sintomi; li vedeva alla tv; li sentiva crescere su internet. Li sentiva dentro di sé se solo si esaminava e ascoltava un po’ seriamente. E non gli piacevano, no. Lo facevano temere. Gli facevano temere che una pentola sotto pressione di malcontento a stento contenuto potesse prima o poi esplodere.

Gli dispiaceva dirlo, ma era ormai certificato: la politica italiana era in totale bancarotta. Il peggio era che presto sarebbe potuto esserlo l’intero paese, poiché di scatti di reni per salvarlo e risollevarlo in extremis non era dato di vedere traccia. E purtroppo la storia, specialmente quella italiana, a intervalli di tempo si ripeteva. Cambiavano le forme espressive, ma le dinamiche di base suppergiù erano le stesse. E quando in un corpo sociale contavano solo gli interessi particolari e non si riusciva più a mettersi d’accordo su alcunché che fosse nell’interesse e per il benessere collettivi, ci si poteva tranquillamente aspettare che da lì a non molto la situazione potesse sfuggire di mano, con esiti imprevedibili.

Pensava dunque a questo, rivoltandosi inquieto su un divano a notte fonda, ma incapace di smuoversi da lì e andare finalmente a letto. Pensava a quei suoi pronostici che sempre più spesso assumevano il contorno di profezie nefaste. Forse pensava troppo, forse pensava male o troppo a male. Comunque pensava, e non riusciva più a dormire.