Arzigogolatamente

Vorresti dire, vorresti scrivere, vorresti anche solo segnalare – non come un tempo, d’accordo, ché quel tempo è finito da un pezzo – ma non ce la fai. Non ce la fai, cioè, dilungandoti, dettagliando, magari arzigogolando.

È successo che sei cambiato, che un po’ tutti siamo cambiati, in rete e non.

Con rare eccezioni, non c’è più grande slancio, non c’è più grande partecipazione, grande coinvolgimento, spesso nemmeno grande interesse, per quanto succede lontano da noi ma anche relativamente vicino a noi o direttamente a noi.

Siamo molto fiaccati, mentalmente prima ancora che fisicamente. Il corpo, anzi, quello sta abbastanza bene: non in formissima, magari, ma senz’altro meglio che in altri tempi, molto più trascurato che adesso.

È la mente che è un po’ esausta, a volte oltremodo appesantita, altre inebetita, investita ogni giorno da tanto, probabilmente da troppo. Salta, corre, di qua e di là, a volte fino a sfiancarsi, a non poterne più.

Succede allora che, come non passi come nulla fosse da una traduzione all’altra, da una lingua all’altra, da un tipo di scrittura all’altro, anche passare da un ambito pratico all’altro richiede sempre più tempo e dispendio di energie. Perché se le membra sono leste a riadattarsi ai compiti che già conoscono, il cervello è molto più lento a cambiare modalità operativa nonché interpretativa.

È come se il corpo abbia un’intelligenza o comunque una memoria, un’elasticità, una reattività superiori a quelle della mente. Il corpo è quasi sempre immediatamente pronto all’azione; la mente va ogni volta messa nelle condizioni giuste per funzionare al meglio.

Il corpo freme, sa di suo, procede d’istinto; la mente indugia, vorrebbe dettare le regole ma può solo trovare ragioni a quanto il corpo ha già deciso di fare o non fare, spontaneamente.

In tutto questo, ecco presto attenuata quando non azzerata la voglia di stare seduto a un computer e dire, scrivere, anche solo segnalare, lungamente, dettagliatamente, arzigogolatamente.