Un «bricolage, esistenziale e professionale»
Letto l’articolo di copertina dell’ultimo numero del magazine «IL» di «Il Sole 24 Ore» scritto da Giuliano da Empoli, viene solo da dire: leggetelo, leggetelo! È un ritratto – direi perfetto – dell’ambivalente rapporto dell’Italia con il suo passato (e, dunque, con il suo presente e il suo futuro). E soprattutto di quella generazione di mezzo (la tanto – spesso anche da me – deprecata “generazione X” cui, pur marginalmente, ho la ventura di appartenere) che, contro ogni pronostico, oggi pare infine decisa a farsi largo, forte del suo originale «bricolage, esistenziale e professionale».
[…] Oggi una nuova generazione si affaccia sulla scena. Di tutte è la più improbabile, quella che nessuno si aspettava di veder spuntare tra gli ori dei palazzi e i riflettori degli studi televisivi. Li chiamavano bamboccioni, i nati tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta. Sembravano il vaso di coccio tra due generazioni di ferro. Quella lirica, sicura di sé, dei figli del ‘68 e del ‘77. E quella digitale, altrettanto sicura di sé, degli iPhone e dei social network. Da una parte i nativi dell’ideologia, dall’altra quelli della tecnologia. Entrambi abituati al tutto e subito. Insofferenti nei confronti di qualsiasi ritardo e di ogni tentennamento. Nel mezzo, la generazione X, incerta su tutto, composta di individui diversi perfino da se stessi, figuriamoci dagli altri. La classe d’età meno uniforme della storia, la più sciancata, al punto che nessuno era mai riuscito a definirla in positivo. Un’armata Brancaleone di disadattati, insicuri che provavano a costruirsi una scialuppa con due tavole di cartone e un rotolo di scotch. Il fai-da-te come unica prospettiva esistenziale. Mai un manuale d’istruzioni che fosse uno.
Eppure, da questo insieme di debolezze è scaturita una forza imprevista. […] i trenta-quarantenni che producono un impatto sull’oggi hanno una curiosa caratteristica in comune: l’inattualità. Sono tutti un po’ sfasati, rispetto al nostro tempo. Ed è proprio questa impercettibile dissonanza che permette loro di essere contemporanei fino in fondo, di indirizzare il proprio tempo, anziché farsene schiacciare.
Anche perché il secondo carattere che hanno in comune è un’inattesa vena sovversiva. […] Quando tutti i prontuari che ti hanno costretto a imparare a memoria sono sbagliati e, nella pratica, ti portano fuori strada, l’unica possibilità di sopravvivenza è il bricolage, esistenziale e professionale. Non ci sono guide, né regole, né tabù. Giusto è quello che funziona, anche se contraddice tutti i dogmi. L’unica vera eresia sarebbe attardarsi a celebrare i rituali stanchi delle divinità morte.
Il risultato è uno strano laboratorio, nel quale è difficile orientarsi. Non c’è da stupirsi che i commenti degli editorialisti oscillino tra l’annotazione folcloristica e il punto di vista di Oscar Wilde: «La nuova generazione è spaventosa. Mi piacerebbe tanto farne parte. […]